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L'ORIGINE DELLA COSCIENZA TRA FISICA E PSICOLOGIA

Nella maggior parte delle ricerche sinora condotte al fine di definire e comprendere la reale natura della coscienza, questa appare come un fenomeno complesso il cui studio si pone in un ambito di intersezione tra la filosofia, la psicologia, la medicina, ma anche e soprattutto, potremmo oggi dire, delle scienze esatte in particolar modo, della fisica.

È ampiamente accettato che la coscienza sia in qualche modo correlata al comportamento del cervello materiale. Poiché la teoria quantistica è la teoria fondamentale della materia attualmente disponibile, è legittimo chiedersi se questa teoria possa aiutarci a comprendere la coscienza. Sono stati esaminati diversi approcci che rispondono affermativamente a questa domanda, proposta negli ultimi decenni.

Nonostante i preziosi contributi forniti sull'argomento dalle neuroscienze, la meccanica quantistica è stata presente nel dibattito sulle relazioni mente-cervello sin dall’inizio, indicando i limiti di una visione puramente deterministica. Tuttavia, la sua rilevanza per la fisica del cervello deve ancora essere dimostrata in maniera completa ed esaustiva. I nuovi principi contraddicono l’idea più antica che i processi meccanici locali da soli possano spiegare la struttura di tutti i dati empirici osservati (Schwartz et al., 2005).

Tutte queste evidenze suggeriscono che la coscienza non possa essere considerata come una “semplice” manifestazione della corteccia cerebrale, ma che essa sia caratterizzata da un’esistenza propria, probabilmente afferente a un livello più profondo della realtà e in grado di interagire con la materia. Ciò indica che la coscienza potrebbe avere essa stessa una connotazione materiale, ma di quale tipo di materia possa trattarsi e a quale dinamica essa risponda è una domanda tutt’altro che semplice a cui rispondere. Senza dubbio, in quest’ultimo caso, essa dovrebbe essere costituita da una forma di materia avente caratteristiche spazio-temporali specifiche, del tutto differenti da quelle tipiche della materia che conosciamo e probabilmente non appartenente allo spazio-tempo descritto dalle teorie fisiche comunemente accettate.

Come abbiamo visto dalle nostre ricerche, un tentativo in questa direzione è stato proposto da Roger Penrose e Stuart Hameroff (1998), i quali suggeriscono che alla conosciuta attività neuronale del cervello siano connessi fenomeni quantistici macroscopici. Tali fenomeni, renderebbero conto dell’unitarietà dell’esperienza conscia, di come cioè la coscienza non possa che essere spiegata come fenomeno che coinvolge l’organismo nel suo insieme. In particolare il modello di Caligiuri-Musha (2016) preso in analisi in questo lavoro si pone l’obiettivo di offrire una descrizione che possa fornire un contributo alla domanda su come avverrebbe l’interazione tra tale livello della realtà, contenente la coscienza, e la materia ordinaria di cui è fatto il nostro cervello. L’ipotesi più ragionevole è che questa possa manifestarsi in corrispondenza all’interfaccia tra questi due livelli di realtà a opera, verosimilmente, della corteccia cerebrale e del sistema nervoso. Secondo questa visione, dunque, le strutture nervose superiori agirebbero in maniera simile a uno strumento rivelatore (un analizzatore di spettro o un dispositivo similare) in grado di decomporre un segnale nelle sue componenti di frequenza evidenziandone così la sua reale composizione, nello stesso modo come un prisma scompone la luce bianca nei diversi colori dello spettro (Eccles, 1989; Pibram, 1999a, b, 2004; Bohm, 1980).

La combinazione di questioni così profonde e affascinanti richiede certamente ulteriori lavori da dimostrare e non dovrebbe essere né troppo rapidamente celebrata né sbrigativamente licenziata. Dopo i due decenni trascorsi dalla sua nascita, una cosa può essere affermata con sicurezza: tale approccio ha proficuamente ispirato molte importanti vie di ricerca innovativa negli studi sulla coscienza (Atmanspacher, 2015).

Tuttavia, siamo ancora lontani da una piena comprensione dei meccanismi della mente, della loro origine e della loro dinamica ma, nel contempo, i risultati scientifici recentemente conseguiti in tale senso si mostrano convincenti e possono essere interpretati in maniera estremamente incoraggiante, essendo questi in grado di aprire scenari affascinanti e imprevedibili nonché capaci di fornire indizi determinanti verso la soluzione di uno dei più grandi enigmi di sempre (Caligiuri, 2017).


Tutto questo aprirà il primo appuntamento al Ciclo di Conferenze serali, mercoledì 23 settembre 2020.

A cura dell'Istituto di BioQuantica Applicata


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